L’industria argentina delle macchine agricole ha chiuso il 2022 in un clima di forte incertezza, da ricondurre a più fattori tra i quali, accanto alla pesante siccità che ha colpito il Paese, e in particolare l’area centrale, l’aumento dei tassi di interesse che, rapportati alla diminuita redditività degli agricoltori, hanno frenato gli investimenti.
2022: UN ANNO CON DUE VOLTI DIVERSI
Eppure il 2022 era iniziato sotto i migliori auspici e il trend favorevole era proseguito fin quasi a settembre tant’è vero che, stando alle cifre ufficiali fornite dall’Instituto Nacional de Estadística y Censos (Indec), nel periodo gennaio-settembre 2022, il fatturato del comparto aveva raggiunto il valore di 206.162 milioni di dollari, in crescita del 74,6% rispetto allo stesso periodo del 2021, con consistenti incrementi per tutti e quattro i grandi gruppi di macchine agricole presi in esame: +88,4 per cento per le mietitrebbie, +79 per cento per i trattori, +70 per cento per le attrezzature e +62,1 per cento per le seminatrici.
MERCATO IN PROGRESSIVA CONTRAZIONE DAL MESE DI OTTOBRE
Con il mese di ottobre ha iniziato ad evidenziarsi un rallentamento delle vendite che ha subito ulteriori incrementi nei due mesi successivi, più o meno accentuati a seconda delle tipologie di macchine. Prendendo come fonte Acara (Asociación de Concesionarios de Automotores de la República Argentina), a dicembre 2022 sono stati venduti 397 trattori, il 23% in meno rispetto al mese precedente e il 32% in meno rispetto a dicembre 2021. Nonostante il cumulato mostri rispetto all’anno precedente una crescita del 6,5%, il crollo dell’ultima trimestre ha generato non poche preoccupazioni.
Meno influenzate dal calo delle vendite, per effetto della stagionalità, le mietitrebbie che nel cumulato 2022 sono risultate in crescita rispetto all’anno precedente del 9,2 per cento, nonostante i pesanti cali di ottobre (-42,7%), novembre (-19,5%) e dicembre (-41%) al confronto con i corrispondenti mesi del 2021. In forte sofferenza, infine, le irroratrici che hanno subito un crollo su base annua del 55,3%.
PREVISIONI PIUTTOSTO PESSIMISTICHE
«Veniamo da un paio di anni con il vento in poppa, caratterizzati da una domanda particolarmente elevata grazie ad una serie di circostanze che hanno spinto il comparto all’acquisto di beni durevoli – ha dichiarato Eduardo Borri, presidente presidente della Cámara Argentina de Fabricantes de Maquinaria Agrícola (Cafma), l’associazione che rappresenta i costruttori argentini di macchine agricole, nella tradizionale riunione di fine anno –. Abbiamo ottenuto così un incremento del 20% del numero di unità vendute, che ha determinato la creazione di nuovi posti di lavoro in misura di circa 6.000 all’anno. Basti dire che siamo passati dai 27.000 del 2019 agli attuali 40.000 circa. Ora però la siccità ci colpisce e la prospettiva è che continui anche il prossimo anno. Quello che si produce oggi è stato venduto sei mesi fa, ma adesso si intravede un calo delle vendite del 70%».
IN ATTESA DELL’APPROVAZIONE DELLA LEGGE A FAVORE DELLE MACCHINE AGRICOLE “MADE IN ARGENTINA”
Cafma quantifica nella misura del 20% il calo complessivo delle vendite di settore nel 2022 rispetto al 2021. «Per quanto riguarda la siccità – ha fatto presente Borri – c’è poco da fare, ma possiamo agire sul credito per stimolare le vendite e anche per indirizzare gli acquisti alle macchine agricole di fabbricazione nazionale».
L’organizzazione di settore auspica infatti che venga approvato al più presto il progetto di legge che promuove la produzione nazionale di macchine agricole fornendo tra l’altro incentivi fiscali alle imprese (tra questi la restituzione dell’IVA sugli investimenti in beni strumentali, l’ammortamento anticipato degli utili e un dazio all’esportazione dello 0% sui beni prodotti) che effettuano investimenti e utilizzano componenti e input locali. «Finanziare un prodotto importato allo stesso modo di uno nazionale ci sembra davvero ingiusto – ha evidenziato Borri –. I crediti argentini devono andare alle compagnie nazionali. D’altra parte, con questa legge, più aziende nazionalizzeranno parte dei loro prodotti, e questo significa una più elevata domanda di manodopera e più lavoro per i fornitori».
Preoccupazione è stata espressa, per finire, in merito ai regimi di disponibilità di valuta estera della Banca Centrale per le importazioni, che ha un impatto su componenti indispensabili per consentire all’industria di settore di completare e consegnare i propri prodotti.
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